7 consigli per aiutare tua figlia a non trasformare la cura di sé in ossessione per la bellezza

bambinatruccoDifficile definire la bellezza fisica. Nel tempo ci hanno provato  filosofi, letterati, artisti e per molti di essi era insensato separare la bellezza fisica da quella dell’anima, del cuore, dell’essere. Seneca scriveva che la vera bellezza risiede nell’armonia e nella proporzione: “Una bella donna non è colei di cui si lodano le gambe o le braccia, ma quella il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti”. Prendendo in esame le immagini femminili rappresentate dall’arte pittorica, partendo dal corpo asciutto dell’antico Egitto a quello morbido apprezzato nel Rinascimento italiano fino ad arrivare ad oggi, in cui si tracciano nuovi canoni, si evince che  la bellezza è un concetto relativo, legato alla società e all’epoca in cui si vive.

Ma di certo c’è un’idea che accomuna tutti i tempi e cioé che  la bellezza è qualcosa che genera piacere in chi la possiede e in chi la osserva. Per questo da sempre  le donne  si sono sottoposte a  sacrifici e rinunce pur di raggiungere quell’ideale corporeo  di bellezza  che è spesso innaturale ed impossibile.

Il filosofo francese Paul Valéry affermava: “Definire il bello è facile: è ciò che fa disperare”. Raggiungere e mantenere la tanto agognata bellezza, infatti, è spesso una lotta disperata: ed è per questo che a volte essere belli significa anche essere disperati! Basti pensare a come nel tempo le donne abbiano fatto violenza al proprio corpo sottoponendosi a vere e proprie torture pur di rientrare nei modelli estetici del momento: dai busti di stecche  usati dalle donne del Settecento e Ottocento per strizzarsi le membra fino a spezzarsi le costole per avere un vitino di vespa, agli zoccoli stretti e alle fasciature  per avere piedi sottili, ai vertiginosi tacchi a spillo di epoca più recente indossati per rendere le gambe più lunghe e slanciate.

Se è vero  che da sempre le donne hanno desiderato essere belle, oggi questo desiderio assume spesso i connotati di un’ossessione in quanto  si accompagna ad un deserto dell’anima o si manifesta ad un’età precoce. Come ho già accennato nell’abstract di un precedente articolo, sempre più adolescenti e , quel che è peggio, sempre più bambine , desiderano essere” belle, magre e sexy” emulando nel modo di vestire, di atteggiarsi e talvolta persino di vivere, i loro idoli del mondo della moda , della musica, dello spettacolo. Ovvero di quei mondi   che fondano molto sull’apparenza e l’avvenenza e che, grazie alla loro pervasività comunicativa, regalano il sogno della fama, del successo, del consenso globale…e persino dell’immortalità a chi vive nell’ombra, nel disagio o non sa ancora quale sia la vita sua . Adeguarsi a questi standard diventa allora  un modo per sentire di esistere, di essere visti e crea l’illusione di potersi mettere al riparo dal dolore di un rifiuto.

Se la bellezza è un valore per chi la possiede, lo è ancora di più per chi dal mito della bellezza trae cospicui profitti e sfrutta per scopi commerciali l’ossessione delle donne di piacere e di piacersi. Intorno al settore bellezza, infatti, ruota un giro d’affari di proporzioni esorbitanti: l’industria delle diete, dei cosmetici, della chirurgia estetica, sono tutte legate al mito della bellezza e, dato che guadagnano dal suo perpetuarsi, investono molto perché ciò avvenga,facendo della bellezza un imperativo!!

Ma “l’imperativo” della bellezza può davvero fare molto male a giovani  donne in “formazione”, creando in loro una grande confusione a livello valoriale, sulle priorità della propria vita, su ciò che nutre e fa evolvere. E questo può causare conseguenze drammatiche.

Senza alcuna pretesa di salvare il mondo, vorrei dare  un mio modesto contributo, nato dalla mia esperienza di madre oltre che dalla mia formazione professionale,  sul  come aiutare le nostre figlie a non crescere con l’ossessione della bellezza, ma piuttosto ad andare oltre il culto dell’apparenza. Ecco che potremmo fare.

1. Insegniamo alle nostre figlie a guardare con oggettività e consapevolezza al proprio corpo piuttosto che concentrarsi su tutto ciò che lo fa diverso da un ideale di riferimento (per giunta non sano).  Lo slogan:Magrezza NON È sinonimo di bellezza!  (cit)

Come ho già accennato, la maggior parte delle bambine figlie di quest’era del consumo e dell’immagine,  ha costruito le proprie fantasie di bellezza, di successo e realizzazione di sé intorno a un modello fisico mediatico che per noi madri è evidente essere malsano . Nel loro mondo, nel mondo delle adolescenti,   è troppo spesso dominante la convinzione che la bellezza esteriore sia la sola chiave che apre la porta alla felicità, al sentirsi bene, alla popolarità ( persino nell’ambiente scolastico!)alla realizzazione di sé e, nel futuro,la sola che può garantire un destino brillante. Se questa è già di per sé un’idea fasulla e pericolosa che si ha della bellezza, ancora più terribile è scoprire che per questa generazione la bellezza è sinonimo di magrezza. La formula oggi diffusa “non si è mai abbastanza ricchi o abbastanza magri” è una vera e propria epidemia che minaccia il benessere mentale di molte persone.La principale regola è che essere belle significa essere magre, esili, slanciate.Il bombardamento mediatico, indirizzato soprattutto alle donne, non fa che proporre corpi seducenti, plastici e perfetti. Ma l’immagine della donna che i mass media diffondono non è il ritratto di una condizione reale, bensì la rappresentazione simbolica di un modello che segue ideali e aspirazioni collettive, ma che risulta impossibile da raggiungere. Per contrastare tutto ciò, per riportare un equilibrio nelle capacità critiche, il sostegno e la presenza della famiglia sono fondamentali.

2)Aiutiamo le nostre figlie a non fissarsi sull’aspetto fisico. Per farlo, è’ importante tenere con loro un dialogo costante, favorito da capacità di ascolto non giudicante e da un atteggiamento di fiducia; è importante la condivisione di riflessioni su situazioni concrete, perché è molto più efficace rifarsi ai fatti che non ad enunciati teorici. Con le mie figlie avevo adottato questo sistema: ogni volta che ci imbattevamo in immagini di qualche modella ( o attrice) dal corpo tendente allo scheletrico, non solo mi profondevo in critiche negative, spiegando quanto quei corpi sembrassero extraterrestri o malati, ma soprattutto  ponevo loro questa domanda:  Avete mai visto un indossatore scheletrico? Come mai questo ideale estetico riguarda solo le donne?‘. Funzionava, apriva la possibilità ad un dialogo più articolato e ricco in argomentazioni potenzianti. Ecco. Credo che questa sia una domanda che  dovremmo porre alle nostre teenager o che loro stesse dovrebbero porsi.  Perché questa differenza tra uomo e donna?Dovremmo far capire loro quanto , oggi che la donna è in grado di volare sulla luna, ha magnifiche prestazioni sportive e acrobatiche prima riservate solo agli uomini, oggi che dirige aziende, governa stati  o vince un Nobel, sia anacronistico violentarsi  per rincorrere un modello che priva corpo e mente di tanta energia. Eh sì, perché magrezza non fa rima con bellezza, bensì con debolezza!! Chi è sottopeso, infatti, si affatica presto e facilmente e questo fa sì che gli serva più tempo per raggiungere un obiettivo. Mi pongo allora, insieme ad altri, una domanda. E se tutto questo non fosse un semplice caso? E se ci fosse il recondito desiderio, da parte di una società che non ha mai smesso di essere maschilista, che le donne restino “‘il sesso debole”? Riflettete: ogni ragazza, ogni donna che spende il suo tempo a vedersi ‘grassa e brutta’ e si tormenta e si lacera per trovare soluzioni contro il suo peso,  tralascia di coltivare, nutrire e potenziare, i suoi talenti e le sue qualità, relegandosi al ruolo subalterno di oggetto di desiderio. Si mette fuori gioco! Dovremmo risvegliare in questa nuova generazione,  così lontana dall’esperienza delle prepotenti limitazioni cui la donna è stata sottoposta ( e che hanno dato vita al movimento femminista), il senso della dignità femminile, della potente energia creatrice della donna, il rispetto e la difesa delle variegate risorse che le appartengono.

È quanto sostiene anche la scrittrice Naomi Wolf  nel libro “Il mito della bellezza”  che ha definito  ‘corpo ufficiale’,  quello proposto in maniera martellante dal mondo della pubblicità. Nel suo saggio, oggi irreperibile nelle librerie, la Wolf parla di “mercificazione della bellezza femminile”, assunto che ai tempi in cui uscì il libro (1991) sembrò controcorrente e addirittura provocatorio e che oggi invece , a distanza di oltre venticinque anni, sembra pienamente confermato dalla realtà dei fatti. Per la scrittrice, l’ideale della bellezza non è qualcosa di naturale ed innato nelle donne, non è scaturito dai loro bisogni e dalle loro inclinazioni, ma è un canone appositamente strutturato e costruito dal mercato per farle sentire continuamente inadeguate ed in difetto, e sfruttare così le loro insicurezze per scopi commerciali. Secondo la Wolf, il mito della bellezza non sarebbe altro se non  una grande menzogna costruita per necessità economiche.

Se da un lato le lotte per l’emancipazione femminile hanno liberato le donne su tanti fronti, il mito della bellezza le ha nuovamente imprigionate. La società ha creato un ideale estetico, quello della donna perfetta, magra, forever young, che è quasi impossibile da raggiungere: le donne, nel tentativo di avvicinarsi a tale  standard di bellezza, continuano a dissipare preziose energie che potrebbero utilizzare per altri obiettivi piuttosto che sprecare in inutili frustrazioni, ansie, sensi di colpa e vergogna per i loro difetti fisici. E’ questa la ragione per cui il mito della bellezza viene definito come  un’arma a doppio taglio contro le donne, uno strumento per opprimerle, per impedire loro di esprimere tutte le loro potenzialità, una “controffensiva della società maschile per contrastare il loro crescente potere”. Poiché le donne, con il loro talento, potevano essere migliori degli uomini in molti campi.

“Perché l’ordine sociale sente il bisogno di difendersi eludendo la realtà delle donne vere, dei loro visi, delle loro voci, dei loro corpi, e riducendo il loro significato a delle immagini “belle”, codificate e riprodotte all’infinito?
Anche se le ansie personali inconsce possono essere una forza possente nella creazione di una menzogna vitale, in pratica questa viene garantita dalle necessità economiche.
Un’economia che dipende dalla schiavitù ha bisogno di promuovere immagini di schiavi che la giustifichino.”

3) Spostiamo l’attenzione su dati oggettivi e concreti per contrastare la percezione soggettiva e irreale di sovrappeso da parte delle nostre figlie.

 Ogni volta che una figlia si lamenta e soffre pensando o convincendosi di essere sovrappeso, potrebbe esserle utile spiegarle che il peso va valutato non tanto in chilogrammi, bensì in base ad un dato concreto che è l’indice di massa corporea , ovvero a quel dato biometrico,che esprime il rapporto tra peso e quadrato dell’altezza di un individuo ed è utilizzato come un indicatore dello stato di peso forma. Ovvero serve ad indicare se il soggetto è normopeso, sovrappeso o sottopeso. Questo significa, pertanto, spostare l’attenzione da una percezione soggettiva di sé  -influenzata e influenzabile da diversi fattori che hanno a che fare con la sicurezza di sé, la dipendenza dal giudizio degli altri- ad una rilevazione oggettiva della realtà.

4). Curiamo la cosiddetta “alfabetizzazione emotiva” delle nostre figlie

È davvero molto importante che i genitori aiutino i propri figli, sin da piccoli, a riconoscere le proprie emozioni e a dare loro il giusto nome e persino una funzione. Come pure è importante  che li accompagnino nelle loro esperienze per facilitare l’acquisizione di una loro consapevolezza e, conseguentemente, della padronanza emotiva. Non dobbiamo dimenticare che  sentirsi bella agli occhi degli altri regala a qualsiasi ragazzina/adolescente una sensazione di serenità e sicurezza. Ed è per questo che l’approvazione altrui è così tremendamente importante! Ed è per questo che la cercano in ogni modo e ovunque: è da questo bisogno che viene il fiume di foto e selfie che le adolescenti pubblicano regolarmente sui social network, per collezionare ogni giorno nuovi ‘Mi piace’ e costruire così la propria autostima.  Hanno fretta le ragazze, già da piccolissime,di apparire subito perfette: essere in linea con gli standard estetici  regala loro disinvoltura e le libera dalla paura del giudizio altrui, ma soprattutto dalla paura del rifiuto. Ma tutto questo fa pensare a quali terribili  fragilità si nascondano o siano in agguato nelle loro vite. Citando una frase letta su un testo di psicopedagogia ( di cui non ricordo l’autore)    ” ..La dipendenza dallo specchio ‘concreto’ dell’armadio rivela che invece ‘gli specchi di casa’, cioè madre e padre, non funzionano bene sin dall’infanzia” . Il ruolo dei genitori è, come dice l’autore, anche quello di fungere, nella relazione con i figli, da specchio, ovvero farli rispecchiare per aiutarli a capire e consapevolizzare le proprie emozioni. La consapevolezza è fondamentale ai fini della padronanza emozionale, ovvero ai fini del controllo di quell’impulso travolgente, tipico dell’età, ad avere tutto e subito. Bisogna coltivare in loro una sana spinta motivazionale , far capire che i risultati migliori, ovvero i più duraturi e stabili, si costruiscono con la costanza, la dedizione, l’attenzione e nel tempo. Aggiungo a quanto appena detto a proposito del “Fare da specchio ” , che non dobbiamo dimenticare che in alcuni casi siamo proprio noi madri, ossessionate noi stesse dal culto del corpo,a proiettare questa ossessione sulle nostre figlie, rendendole ancora più insicure. A volte facendole addirittura sentire in competizione con noi.

5. Ricordiamo a nostra figlia che il valore di una donna non si basa sul suo aspetto!

Sembra che , molto più di quanto non accadesse nel passato, le giovani donne  di oggi siano insoddisfatte del loro aspetto ( forse perché certi standard sembrano ora più raggiungibili grazie alla medicina estetica) , ma quel che è peggio è che hanno paura di fallire nella vita, in ogni campo della vita, se il loro fisico non corrisponde agli standard estetici diffusi dai media. Ce lo raccontano i chirurghi estetici, che hanno visto un abbassamento notevole dell’età media delle loro clienti.Perché? Ne ho già fatto cenno nel mio precedente articolo: ormai sembra, e lo sembra già da parecchi anni, che il valore di una donna si misuri prevalentemente sulla base del suo aspetto fisico: più una donna è bella più vale. Oggi, come nel passato, l’immagine della bellezza continua ad essere condizionata dal contesto sociale. E poiché oggi il nostro stile di vita richiede efficienza, dinamismo, produttività e iperattività, la corporeità femminile deve rispondere ai canoni di snellezza, altezza, fino a sfociare nella magrezza eccessiva.  E così la donna, anziché coltivare e valorizzare la propria unicità, sempre più tende ad aderire passivamente a standard globalizzati, incentrati sull’omologazione dell’aspetto fisico, senza rendersi conto di  essere vittima della sindrome di identificazione con la collettività, ovvero di una forma di mimetismo estetico, omologato e socialmente compatibile.

Aiutiamo invece le nostre figlie a conoscere ed amare se stesse, ad amare le proprie imperfezioni rispetto agli standard omologanti;Insegniamo loro a coltivare tutto ciò che le fa uniche, ad avere fiducia in se stesse e coraggio, il coraggio di aprirsi un nuovo varco, piuttosto che calpestare una polverosa strada battuta dagli altri e che porta alla confluenza nella massa e alla perdita della propria identità. Insegniamo alle nostre figlie a gestire lo stress di un rifiuto come il dolore di un abbandono. Ma soprattutto insegniamo loro che non è l’apparenza ciò che fa grande una Donna, ma sono le sue azioni, le sue scelte. Il suo essere.

6. Educhiamo le nostre figlie al dialogo e alla costruzione del mondo interiore per contrastare il culto dell’apparenza

Spesso sono il vuoto interiore, la solitudine affettiva ed esistenziale, l’assenza di riferimenti che spingono una ragazza a desiderare di assomigliare ad uno “scheletro” di successo,  perché in quel successo vede tutto quello che manca nella sua vita. Per questo, lo ripeto e lo ripetono tutti gli esperti , è importante educare i propri figli ( non solo le proprie figlie!) emotivamente, sviluppare in loro la cosiddetta Intelligenza Emotiva, e questo attraverso l’ascolto profondo, la comunicazione ecologica, la presenza empatica, la condivisione e ultime, ma non ultime , attraverso le regole. È importante aiutarli a costruirsi una scala di valori, nonché delle esperienze importanti , soprattutto a livello relazionale, perché questo non potrà che contribuire positivamente alla costruzione della loro sicurezza: nostra figlia deve avere l’opportunità di scoprire che, se pure non somiglia al suo idolo di bellezza, ha però tante qualità e risorse di cui andare fiera e con cui presentarsi al mondo. Qualità che la rendono unica ed inimitabile.

Credo che per fare ciò, sia  importante  entrare in una relazione aperta e profonda con nostra figlia,  stabilire con lei un clima di calda accettazione, di accoglienza e di contatto profondo, tutte cose che facilitano la condivisione di esperienze, di valori, di riflessioni  senza che questo si possa trasformare in un   confronto generazionale conflittuale o nell’imposizione di un ruolo. Raccontare di noi , della nostra adolescenza, di come sia accaduto anche a noi di sognare di poter essere come XXX, potrebbe aiutare non solo a stabilire un buon clima relazionale, ma anche a insegnare a saper distinguere e mediare, in modo equilibrato, tra un’immagine ideale ed l’immagine reale, processo fondamentale per porsi obiettivi sani e realizzabili e costruire, di conseguenza, la sicurezza e fiducia in sé.

e ultimo…

7) non smettere MAI di abbracciare tua figlia, di dirle che ti piace e che la ami così come è!

L’amore è e resta per  sempre la cura migliore.

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Informazioni su Rosarita Cipriani

Professional gestalt counselor, svolge attività privata presso il suo studio; separata, madre di tre figlie , si occupa particolarmente di aiutare ed accompagnare le donne nel loro processo di rinascita ed evoluzione post separazione.È presidente della cooperativa sociale di inserimento lavorativo " Incontro di Mani",curando progetti di Intelligenza Emotiva nel lavoro di gruppo; Responsabile, per le Marche,dei progetti formativi dell'Associazione Amnis,rivolti alle aziende e alle grandi/piccole comunità. Conduce gruppi di consapevolezza e padronanza emotiva e di pratica del metodo WELL e gruppi di kindness ' counseling per la crescita sociale. Collabora con uno studio di MG ( medicina generale). Ancona, via Brecce bianche 55/a Tel. 3920010081
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